Nel banner particolari di: Xeroritratto di Bruno Munari; Munari 1966, fotografie di Ada Ardessi, Biennale di Venezia courtesy ISISUF Milano; Munari 1950, fotografia di Federico Patellani; Munari con Macchina Inutile 1956, fotografia di Aldo Ballo
Un ringraziamento per la pubblicazione va ad Andrea, figlio di Marcello Piccardo, che con molta generosità ha reso disponibile tutto il materiale.
1963 I colori della luce
Soggetto di Bruno Munari. Regia di Bruno Munari e Marcello Piccardo
È un film, di Bruno Munari e Marcello Piccardo. Un film di sedici millimetri, della durata di cinque minuti. Per la prima volta, un film intero ripreso a luce polarizzata. La ripresa è stata fatta proiettando i vetrini direttamente in macchina (le immagini e i colori, continuamente mutevoli – programmati su lastrine preparate da Munari – vengono resi visibili da uno schermo di vetro che seziona il raggio di luce diretto in macchina).
Il film è realizzato senza montaggio. Le immagini sono accompagnate da musica, appositamente composta da Luciano Berio. Operatore Edgardo Ronconi.
Frazionati, inseguiti fino all'infinitesimo, nello spazio e nel tempo, le forme e i suoni producono sempre e ancora immagini: minimi, istantanei avvenimenti, che il ritmo trasforma in racconto. La brevissima durata del film ne è piena come un caleidoscopio.
Il film è stato realizzato dallo Studio di Monte Olimpino, a Como, dove si lavora a questi piccoli film sperimentali. È stato prodotto per il Centro Internazionale delle Arti e del Costume, e proiettato per la prima volta a Venezia. Poi a Milano, in ottobre. Poi a Bruxelles, con vivo successo, la sera di Natale, al Terzo Concorso Internazionale di Knokke-Le Zoute. È, questo, il concorso che raccoglie il meglio della produzione mondiale di film sperimentali; e il film vi rappresntava l'Italia, scelto da una giuria di selezione composta da: James Broughton, Jean Cayrol, William Klein, Jan Lenica, Lorena Mazzetti, Norman McLaren, Joergen Roos, Herbert Vesely. [Domus, n. 412 marzo 1964]
A Knokke questo film vinse il primo premio.
Nel 1953 (circa) facevo delle ricerche sulla luce polarizzata per estrarre i colori puri dalla luce stessa e fare delle composizioni a colori mutevoli. Qualche hanno dopo, con alcuni amici di Monte Olimpino, facemmo un film a 16 mm a colori della durata di circa 10 minuti (film che fu poi presentato al festival del cinema di animazione a Knokke, in Belgio, nel 1964, unico film italiano accettato da una giuria internazionale). Il sonoro di questo film fu fatto da Luciano Berio, che avevo conosciuto alla RAI assieme a Maderna, in quel tempo conobbi anche Cage.
Avevamo fatto sonorizzare da Berio questo film a luce polarizzata perché i colori della luce sono senza "timbro" come i suoni generati elettronicamente. Purezza assoluta dei colori assieme alla purezza dei suoni elettronici. [Bruno Munari, 1987]
1964 Tempo nel tempo
Soggetto e regia di Bruno Munari e Marcello Piccardo
Questo film ottenne la medaglia d'oro dalla Triennale di Milano.
Tempo nel tempo anticipa di molti anni la video-art di Bill Viola dilatando un evento della durata di un secondo in tre minuti. Si osservi la tuta dell'acrobata che sul fianco riporta, attraverso una serie di cerchi bianchi di raggio differente, un accenno di struttura ossea, quasi un rimando a certe studi sul movimento del periodo futurista.
Infine è da notare il piedistallo rosso, che nella scena è di fatto un rettangolo, molto frequente nelle composizioni grafiche di Munari.
Realizzato al Vigorelli di Milano, in una assolata giornata d'estate. Grazie alla cinepresa Microscopio temporale del Politecnico di Milano è stato possibile strappare tutta la pellicola di 3 minuti in un solo secondo.
1964 Sulle scale mobili
Soggetto di Bruno Munari. Regia di Marcello Piccardo
Questo film è stato realizzato per i grandi magazzini La Rinascente di Milano. Il ritmo, quasi ossessivo, delle persone sulle scale mobili ha una cura ed una asciuttezza estetica che rimanda alla poetica di molti capolavori del grande regista Michelangelo Antonioni.
1964 Inox
Soggetto di Bruno Munari e Marcello Piccardo. Regia di Marcello Piccardo
La versione recentemente ritrovata e ricostruita non ha sonoro. E' uno dei film più astratti, dove si realizzano composizioni con la luce attraverso l'utilizzo di lastre di acciaio inossidabile.
1964 Moirè
Soggetto di Bruno Munari. Regia di Marcello Piccardo
Si tratta di un breve estratto senza sonoro recentemente ritrovato; l'originale ha invece nella colonna sonora musiche del compositore fiorentino Pietro Grossi. Ricorda gli effetti di sovrapposizione e di riverbero prodotti dall'opera Concavo-convesso (1947), un ambiente di luci ed ombre ottenuto per mezzo di un rete metallica; richiama anche il portaritratti Moirè (produzione Danese, 1967), un oggetto di uso comune che diventa a suo modo un'opera d'arte.
1965 Scacco matto
Soggetto di Bruno Munari. Regia di Marcello Piccardo
Una partita a scacchi, una sperimentazione sui diversi procedimenti di stampa di una pellicola cinematografica.
Munari sulla rivista Ferrania n.2 del febbraio 1966 spiega in questo modo la sperimentazione: "Quando si usa un qualunque mezzo di comunicazione e informazione, in questo caso il cinema, è bene conoscere tutte le possibilità espressive di tale mezzo allo scopo di poterne usare alcune, le più appropriate, per lo scopo che si vuole raggiungere. In altri campi della informazione visiva, nelle arti figurative fino alla fotografia, queste possibilità espressive sono già state sperimentate e non c'è più fotografo, oggi, che non pensi di stampare in modo particolare le proprie fotografie, invece che nel modo banale, convenzionale, per dare all'insieme del suo messaggio quella compiutezza senza la quale il messaggio resterebbe incompleto.[...]
Nel campo della pellicola cinematografica non sono ancora state ssperimentate tutte le possibilità della stampa della pellicola, e la cosa risulta molto interessante anche perché interviene il fattore Tempo a dare una nuova dimensione a questi esperimenti.[...]
La scena base di tutto il film è data da due giocatori di scacchi, immobili per tutto il tempo del film (solo alla fine uno dei due dà scacco matto all'altro).
Questa scena è stata scelta perché l'attenzione dello spettatore sia tenuta tutta sugli effetti e non su azioni dinamiche; ed è stata costruita in modo che ci siano più elementi possibili di controllo delle variazioni degli effetti: la scacchiera bianca e nera, le righe delle persiane, lo sfondo della finestra, il vaso con fiori, il tappeto del tavolo.
E' stata fatta una ripresa di 20 secondi, ripetuta uguale ad ogni effetto. [...]
Comunque sia, ignorare tutte le possibilità del mezzo che si usa equivale a ignorare una parte del vocabolario e usare parole approssimative quando ci sono quelle esatte per trasmettere una informazione voluta."
1969 After effects
Soggetto di Bruno Munari. Collaborazione scientifica di Gaetano Kanizsa
Un film dove Munari chiama a collaborare Gaetano Kanizsa, psicologo, esperto di percezione ed esponente di fama internazionale della psicologia della Gestalt. Si tratta di un film sulle impressioni retiniche, ovvero sui colori che nascono negli occhi degli spettatori. Un film dove solo metà dei colori sono nella pellicola, l'altra metà li vede il pubblico. Una forma semplice riempie lo spazio della visione, un disco sfumato di colore rosso (poi verde, poi giallo, poi blu) su sfondo grigio neutro, con al centro un piccolo disco nero che si trasforma ciclicamente in triangolo e poi quadrato in modo sempre più accelerato per catturare l'attenzione dello spettatore, la forma principale scompare di colpo e lo spettatore continua a vedere un disco colorato di colore complementare che nella pellicola invece non c'è.
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